Chef e medici contro l'obesità
Raramente medici e chef condividono informazioni, competenze e idee su come queste due realtà professionali potrebbero collaborare per ridurre i tassi di obesità e delle malattie correlate alle scelte alimentari e agli stili di vita scorretti.
Viene riportato dalla Harvard Medical School e della Harvard School of Public Health di Boston, in uno studio comparso su Jama internal medicine, come i tassi di obesità e diabete mellito siano aumentati drammaticamente.
La ricerca è partita da un progetto recente chiamato “Healthy kitchens, healthy lives–caring for our patients and ourselves” (Cucine sane, vite sane. Prenderci cura dei nostri pazienti e di noi stessi) che ha riunito per quattro giorni medici, epidemiologi della nutrizione, dietologi, dietisti, chef ed educatori ed esperti del comportamento.
Molto spazio è stato dedicato a esperienze interattive di cucina, che hanno avuto un beneficio durevole sui comportamenti individuali dei partecipanti.
I dati indicano che i quattro giorni di confronto con gli chef e l'esperienza diretta “in cucina” hanno determinato effetti significativi sia sul piano personale che su quello professionale.
La percentuale di coloro che si cucinano i pasti è passata dal 58% al 74%, e sono cresciute la consapevolezza sul consumo calorico (dal 54% al 64%), la frequenza di consumo di verdure (dal 69% all'85%), di noci (dal 53% al 63%) e di farine integrali (dal 67% all'84%).
Inoltre sul piano clinico é stata dimostrata una significativa crescita della capacità di valutare lo stato nutrizionale dei pazienti (passata dal 46% all'81%) e della abilità nel fornire ai pazienti obesi e sovrappeso consigli in tema di alimentazione e stili di vita, passata dal 40% all'81%).
E' necessario incrementare gli sforzi educativi che mirano a trasdurre la scienza della nutrizione in strategie pratiche in cui cibi salutari, economici, di facile preparazione e appetibili diventano l'elemento stabile nello stile di vita alimentare sano.
La ricerca è partita da un progetto recente chiamato “Healthy kitchens, healthy lives–caring for our patients and ourselves” (Cucine sane, vite sane. Prenderci cura dei nostri pazienti e di noi stessi) che ha riunito per quattro giorni medici, epidemiologi della nutrizione, dietologi, dietisti, chef ed educatori ed esperti del comportamento.
Molto spazio è stato dedicato a esperienze interattive di cucina, che hanno avuto un beneficio durevole sui comportamenti individuali dei partecipanti.
I dati indicano che i quattro giorni di confronto con gli chef e l'esperienza diretta “in cucina” hanno determinato effetti significativi sia sul piano personale che su quello professionale.
La percentuale di coloro che si cucinano i pasti è passata dal 58% al 74%, e sono cresciute la consapevolezza sul consumo calorico (dal 54% al 64%), la frequenza di consumo di verdure (dal 69% all'85%), di noci (dal 53% al 63%) e di farine integrali (dal 67% all'84%).
Inoltre sul piano clinico é stata dimostrata una significativa crescita della capacità di valutare lo stato nutrizionale dei pazienti (passata dal 46% all'81%) e della abilità nel fornire ai pazienti obesi e sovrappeso consigli in tema di alimentazione e stili di vita, passata dal 40% all'81%).
E' necessario incrementare gli sforzi educativi che mirano a trasdurre la scienza della nutrizione in strategie pratiche in cui cibi salutari, economici, di facile preparazione e appetibili diventano l'elemento stabile nello stile di vita alimentare sano.
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